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Uno shabbaton a Gerusalemme

Densissimo e ricco di spunti interessanti il programma elaborato da Michael Sierra e dal team di Giovane Kehillà per lo shabbaton tenutosi a Yerushalaim tra l’8 e il 9 luglio. Primo appuntamento del weekend la visita all’Israel Museum guidata dal giornalista Simone Somekh. In particolare, i partecipanti hanno potuto far visita alla mostra temporanea dal titolo “Wire(less)” che, partendo dalla connessione primordiale dell’esistenza umana, il cordone ombelicale, ha permesso ad autori israeliani e non di esplorare “ciò che tiene unito”, saldamente o per un soffio, che sia un filo, una corda o un intricato network di materiali. Ai visitatori il compito di fornire la propria interpretazione alle opere.

Dopo una rapida visita ad altre parti del museo tra cui gli immancabili ed emozionanti rotoli del Mar Morto, i partecipanti si sono recati all’hotel in cui, dopo la kabbalat shabbat al tempio italiano, hanno passato in allegria lo shabbat.

Varie le attività proposte nel corso del weekend: commenti ad articoli pubblicati su “Kol HaItalkim” e su “Hatikwà” e discussioni sull’aliyah di ieri e di oggi, il tutto condito dal saporito cibo delle mamme italiane e da una buona seuda shelishit al mulino Montefiore, da cui si può ammirare Gerusalemme dall’alto. Tra i partecipanti, alcuni olim chadashim (nuovi immigrati) che sono stati incoraggiati a condividere con tutti le motivazioni, mai banali, che li hanno portati a trasferirsi in Israele.​​

Questi i commenti di alcuni dei partecipanti:

Simone Somekh: Michael e il team di Giovane Kehillà si sono superati anche nell’organizzazione di questo evento, offrendo ai partecipanti un numero impressionante di attività per tutti i gusti: dalla visita al museo al cibo italiano, dalla passeggiata con vista della Città vecchia ai dibattiti di politica.

Beniamino Parenzo: Lo shabbaton di Giovane Kehillà è stata un’esperienza fantastica: culturalmente e intellettualmente stimolante, senza però rinunciare ai momenti goliardici tipici di quando si fa una gita fuori porta tra amici!

Simone Bedarida: Lo shabbaton di Giovane Kehillà è stata una piacevole e unica occasione per me per conoscere la particolare realtà dei ragazzi italiani che hanno deciso di andare a vivere in Israele, o anche e soprattutto italiani nati e cresciuti in Israele. Tra cena, giochi di ruolo, pranzo “all’italiana” e dibattiti, lo shabbat è piacevolmente trascorso dapprima in un parco poco lontano dal tempio italiano, successivamente sotto al mulino Montefiore, con un’allegra birra alle 5 del pomeriggio. È stata davvero una bella esperienza, e come consigliere Ugei spero fortemente che si possa rinforzare la collaborazione tra l’Ugei e questa realtà locale italo-israeliana, per poter realizzare progetti di interesse comune.

Miriam Sofia: Le “connessioni” (wire-less) non erano soltanto la tematica della mostra temporanea che abbiamo visitato all’Israel Museum venerdì mattina ma anche il fil rouge di questo shabbaton organizzato da Giovane Kehillà. Insieme abbiamo esplorato le “connessioni” e le “disconnessioni” tra gli italkim di ieri e di oggi cercando di trovare uno spunto su cui riflettere e migliorare come singoli e come comunità che accoglie chi arriva e chi ricerca un po’ della vecchia casa italiana nella nuova casa in Israele. Mi sono sentita in famiglia e tra amici tra il buon cibo delle mamme italiane, birra e bamba al mulino Montefiore e l’atmosfera festosa dello shabbat. Personalmente non vedo l’ora di partecipare ai prossimi eventi e di poter ampliare questo gruppo fantastico!

Michael Sierra: Chi sono gli italkim di oggi, chi sono gli italkim di una volta e qual è il loro contributo? Cosa rappresenta per noi Israele e cos’è una kehillà? Queste sono solo alcune delle domande affrontate nell’ultimo shabbaton di Giovane Kehillà. Uno shabbaton cominciato all’Israel Museum dove abbiamo parlato di connessioni grazie alla mostra “Wireless” e di una connessione in particolare – quella chiamata “sionismo”. Proprio lì abbiamo potuto notare che l’ebraismo italiano dà un grande contributo allo stato di Israele. Abbiamo visitato la sinagoga di Vittorio Veneto e, fra le varie altre, anche quella del Suriname. Non ci siamo ovviamente limitati a visitare il museo: il giorno seguente, dopo le canzoni, il tish, le chiacchierate e lo svago, siamo andati al tempio italiano di Gerusalemme a incontrare gli italkim.

Lasagne, pasta, polenta, tortini, gelati e tiramisù – insomma, da quell’incontro non siamo rimasti affamati ma, come è noto, dagli italiani non si fa altro che mangiare. Infatti, dopo aver discusso di aliyah, nello spazio dedicato ai giovani, del legame con le varie istituzioni e altri argomenti di attuale interesse al Gan Haatzmaut, siamo andati a farci uno snack & beer nel primo quartiere fuori dalle mura dove la vista non ha paragoni – Mishkanot shaananim. Un quartiere fondato da un livornese ebreo che viveva nell’Inghilterra prima della Brexit, Mosè Montefiore. La conclusione dello shabbaton e la scelta dei progetti per i prossimi mesi sono state, a mio avviso, la parte più importante. Come nella tradizione della Giovane Kehillà, il focus non è stato sulle persone ma sui progetti. Si è deciso quindi di adottare il formato “Shabbat project” per il prossimo shabbaton. Prossimo progetto alla scoperta d’Israele: gita al Negev coordinata da Moshe Polacco; prossimo appuntamento a tema più prettamente ebraico, la preparazione di challot pensata da Miriam Sofia e infine come progetto di volontariato, una grande spaghettata per le persone bisognose.

Non ci resta quindi che aspettare e invitare tutti gli italkim a prendere parte e contribuire a questa vibrante Kehillà.

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