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Quelli italkim che combatterono per Israele e quelli che combattono oggi

“Il contributo più grande della diaspora alla sopravvivenza dello Stato d’Israele”, così li definì il primo Primo ministro israeliano David Ben Gurion. Era appena finita la Seconda guerra mondiale, erano tutti giovani, avevano attorno ai 20 anni, e arrivavano da paesi diversi e parlavano lingue diverse. Tra loro c’erano anche Graziano Terracina, David Pavoncello e Franco Veneziani.

Nel Marzo del 1947, dopo il conflitto e dopo un anno di servizio militare di leva in Italia, Graziano, David e Franco decisero di partire verso Erez Israel allora sotto Mandato britannico. Erano gli anni del Libro Bianco che limitava l’immigrazione degli ebrei, ma i tre riuscirono ad ottenere i documenti falsi. Graziano ha raccontato che il suo era di un ebreo polacco morto nei campi di sterminio e, dopo essere partiti sulla nave ‘Hatzmaut’ da Venezia, riuscirono ad eludere i controlli britannici. Graziano David e Franco si arruolarono nel Palmah che confluì nella Brigada Ha Neghev, che combatté insieme ai fuoriusciti della Legione Straniera francese e spagnola inquadrati nell’esercito israeliano. Vennero addestrati all’uso delle armi che erano in dotazione al neonato Zahal, fra cui anche il moschetto 91 italiano della Prima guerra mondiale, e combatterono nelle battaglie di Yafo Ghibbelia, Castina e Al Faluja. Ad Al Faluja Franco Veneziani perse la vita in battaglia e Graziano Terracina rimase ferito e venne portato all’ospedale di Beer Yakov per una decina di giorni. Non avendo sue notizie, l’ufficiale che comandava l’unità lo considerò morto in combattimento e sepolto in località sconosciuta, la notizia arrivò ai famigliari a Roma. Impossibile immaginare la loro gioia quando si scoprì che la notizia era falsa.Dopo essere tornato al reparto, Graziano prese parte ad altri scontri a fuoco nel deserto del Negev fino alla completa liberazione di Beer Sheva. Alla fine della guerra Graziano Terracina e David Pavoncello sfilarono a Tel Aviv nella parata militare della vittoria e, una volta congedati, nel 1950, tornarono in Italia.

Ho avuto l’onore di presentare Graziano Terracina insieme al figlio giornalista, Michael Sfaradi, all’evento organizzato in occasione di Yom Yerushalaim dalla Giovane Kehilà (video qui sotto realizzato dall'amico Simon Pietro De Liso).


Il giorno successivo l’ho presentato ai soldati della mia unità e in entrambe le occasioni, a Graziano fu chiesto il perché lui e suoi amici scelsero di combattere. Mentre non ricordava bene il nome dell’ufficiale o altri dettagli tecnici, su questa domanda non ha avuto dubbi: “era il nostro dovere e la cosa giusta da fare”. Da ricordare che la legge che prevede il servizio di leva obbligatorio in Israele fu approvata nel 1949, una anno dopo l’arruolamento volontario di Graziano.


Dopo quasi settanta anni è arrivato per mio fratello il momento di arruolarsi e, pur essendo io stesso soldato israeliano ben abituato alla realtà in cui viviamo in Israele, non ho potuto non riflettere su tutto ciò che ruota intorno al servizio militare e alla difesa di Israele.


Arrivato il giorno dell’arruolamento, l’ho accompagnato a Givat Ha-tachmoshet dove si è svolta nel 1967 una delle battaglie più importanti della Guerra dei Sei giorni che contribuì alla liberazione di Gerusalemme, battaglia che purtroppo costò la vita a 71 soldati. Mio fratello era stato nello stesso luogo tre anni prima, in occasione del mio arruolamento. Si tratta di un posto che ha un significato storico importante perché proprio lì venivano tenute nascoste le armi durante il mandato britannico, mandato che non si faceva scrupolo di limitare anche l’aliyah degli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio. E proprio in quel punto, dopo l’invasione del 1948, i giordani costruirono un avamposto militare.

Oggi a Givat Ha-tachmoshet, si uniscono famiglie di tutta le fasce socio-economiche, etniche e culturali, insieme ai loro figli e i “soldati soli” provenienti da tutto il mondo e adottati dalla società israeliana, per salire sull’autobus verso il distretto d’arruolamento. E salutando mio fratello che partiva per i suoi tre anni di leva obbligatoria, ho pensato ai soldati caduti, al significato di Yom Yerushalaim e a Graziano.

Proprio in quel luogo ho capito il vero significato di quello che intendeva quando diceva che la sua scelta era: “Il nostro dovere e la cosa giusta da fare”.

Michael Sierra

(Pubblicato originamente su Pagine Ebraiche)

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